di Roberto Costantini
Gli attaccamenti sono gli aspetti più difficili da per-donare in quanto collegati alle figure primarie di cura e, di conseguenza, caricati di una notevole valenza affettiva. Ogni attaccamento esiste perché prima c’è stata una identificazione con comportamenti e messaggi provenienti dai genitori spesso a livello inconsapevole. Le insicurezze del padre non si avvertono non sembrano così manifeste, ma passano insieme alle paure, alla fragilità e alla debolezza. Il bambino vorrebbe essere stimolato, guidato e sentire la forza maschile, ma quando non trova questo, si identifica con il modello maschile che ha e introietta questo dentro di sé rendendolo un attaccamento stabile. Su un altro piano tale procedimento vale anche nei confronti del femminile. La questione centrale, che mi premeva ricordare, è che gli attaccamenti sono l’esito di un processo tripartito così sintetizzabile: 1) arriva dai genitori qualcosa di molto diverso da ciò che servirebbe sul piano del nutrimento affettivo; 2) il bambino, che dipende totalmente dagli adulti, si identifica con quei “prodotti di scarto” che giungono involontariamente dalle figure di cura (emozioni, atteggiamenti, valori indiscutibili…); 3) l’identificazione fa sì che dentro il bambino si stabilizzino degli attaccamenti a cui egli si aggrappa per riconoscersi e orientarsi nella vita. Tutto questo fa sì che la persona sia meno flessibile nel confronto con la realtà, perché filtra ogni esperienza a partire dai propri attaccamenti negativi, che nei fatti danno struttura a una personalità fragile e immatura.