IL BAMBINO DIMENTICATO

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Tutto ciò che è schema preconfezionato rientra nella categoria dell’ego e genera sofferenza. Pensiamo al bambino che diventa velocemente grande, che non può permettersi di essere davvero bimbo, perché il sistema familiare non offre contenimento e riconoscimento. I genitori, troppo presi da se stessi, confliggono o sono assorbiti da problemi contingenti. Per questo non consentono al bambino di vivere spensierato. Si sente trascurato, deve cavarsela da solo e dimostrare al mondo che può farcela. Tutto questo comporta uno sforzo enorme, un accantonare i propri bisogni infantili con identificazione con la figura del genitore normativo. I doveri prendono il sopravvento e la vita si fa presto pesante. Crescono le rinunce e la chiusura diventa un modo per riconoscersi, mentre all’esterno il bambino ostenta sicurezza e lascia intendere che vada tutto bene. Tenta allora di non disturbare gli adulti e finisce preda del ruolo del salvatore, solo con i suoi pesi e le responsabilità. Errori non sono ammessi e si deve puntare alla perfezione. Meticolosità e pignoleria si strutturano come abitudini, che inducono la rigidezza tipica di chi non può permettersi di sbagliare. Essere perfetto diventa l’unica soluzione per rassicurarsi. Per questo il bambino tenta di essere efficiente, autonomo e impeccabile. Sotto alla superficie la sofferenza è molta, perché le privazioni risultano eccessive. Quelle descritte diventano poi, per alcune persone, le premesse per uno stress cronico che inibisce il contatto aperto con la propria radice e i propri bisogni. Il doverismo e il fare il bravo non consentono al soggetto, nonostante la sua chiusura, di mettere confini sani con gli altri. Del resto le conferme da parte del mondo sono decisive nel suo caso. Senza di esse sarebbe perduto. Ogni esperienza, dentro queste coordinate, si riduce a una sfida mentale, con l’effetto di sperperare le energie a disposizione. Lo schema è rigido e non prevede l’ascolto di se stessi. Così si va avanti, fino a quando le cose funzionano. Ma sopportare alla lunga diviene impossibile. Il meccanismo si inceppa e si rischia molto. Meglio darsi un’opportunità per cambiare strada, e farlo prima che sia troppo tardi.

 

dott. Roberto Costantini

Presidente ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling  Sede di Ancona

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