UNA GRADUALE PRESA DI RESPONSABILITA’

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Un lento, graduale e progressivo processo di responsabilizzazione credo possa essere la cura dell’umanità. Abbiamo bisogno di fare un salto e di superare la reattività, che ci obbliga a reagire a stimoli esterni, andando verso la nostra dimensione interiore. La realtà allora diventa uno specchio per conoscerci e per iniziare a modificare alcuni aspetti di noi. Per fare questo occorre però spostare l’attenzione dalle colpe che imputiamo a cause esterne alla responsabilità verso ciò che serbiamo dentro. In un certo senso tutto è dentro di noi: cause, separazioni, conflitti, emozioni negative e ciò che viviamo quotidianamente ci fanno da specchio e ci riportano all’unità interna se solo sappiamo farcene carico.

Creare unione e unità, dove prima c’erano solo divisione e lacerazione, è un passo fondamentale per ritrovare se stessi a livello coscienziale. Allora è necessario distaccarsi e per-donare, ma dopo aver imparato a uscire dal vittimismo andando in direzione di una graduale presa di responsabilità che si traduca in scelte e azioni concrete. Non tanti sono disposti ad avventurarsi in questo processo di trasformazione, molte persone “amano” essere vittime e fanno resistenza a staccarsi da questa posizione esistenziale.

La vittima è chi ha subìto qualcosa, chi è stato offeso e si sente per questo in credito nei confronti degli altri e della vita nel suo complesso. Da questa convinzione segue che devono essere sempre gli altri a cambiare e a restituire alla vittima ciò che le è stato ingiustamente sottratto. Se un bambino non è stato sufficientemente amato o non si è sentito accolto dai suoi genitori, rimarrà con questa aspettativa nella vita adulta e spererà di riscuotere prima o poi il suo credito. Inoltre la vittima, proprio per l’offesa ricevuta (reale o presunta), si sente in diritto di essere arrabbiata e di poter incolpare, giudicare e criticare. Eppure così non si esce dal circolo vizioso della sofferenza; occorre prendersi la responsabilità dei propri comportamenti, mettere ingegno e volontà ed iniziare un processo di consapevolezza per ridecidere altro sulla propria vita. Rimanere vittime non permette né di liberarci, né di liberare coloro che ci hanno recato l’offesa, né di trovare una riconciliazione con le immagini interne di chi ci ha ferito.

 

dott. Roberto Costantini

Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling  Sede di Ancona

 

 

 

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