Spesso mi sono chiesto cosa significhi prendersi le proprie responsabilità. A questa domanda mi sono risposto ponendo attenzione al fatto che tutto, in un certo senso, è dentro di noi, e proprio per questo è assurdo scaricare ad altri le responsabilità. Attraverso gli altri riesco meglio a guardarmi dentro e a conoscermi, prendendo consapevolezza delle emozioni e delle credenze limitanti. Tutte le cose che non accetto e che mi infastidiscono mi fanno vedere la conflittualità presente in me stesso. Inutile dare la colpa all’esterno, inutile giudicare! Il giudizio è perlopiù una forma di rifiuto che si manifesta attraverso la rabbia e una carica di energia negativa capace di compromettere la nostra serenità. Quando mi giudico metto distanza rispetto a qualche aspetto di me, tenendo così in vita un conflitto che mi àncora alla sofferenza impedendomi di integrare le diverse componenti della realtà che sono. L’esigenza, al contrario, è proprio quella di integrare e di accogliere, in quanto rifiutare e distanziare un vissuto difficile significa, nei fatti, potenziare la carica negativa emergente e operare in me una dolorosa scissione. Questi condizionamenti non mi permettono di per-donare, poiché il giudizio non consente di entrare nel negativo per trasformarlo e mi frena nel cammino verso l’unità. Ogni fastidio si lega a un rifiuto, a un mettere distanza rispetto a qualcosa che avverto come un pericolo, qualcosa che perturba il mio equilibrio, più o meno precario, ma comunque consolidato in abitudini e convinzioni stabili. Allora è necessario entrare nel pericolo, perché il prezzo di evitare ciò che è dentro di me risulta presto esorbitante. Finire lontano da me e dagli altri per non affrontare probabili rischi è davvero un costo troppo alto! È indispensabile, infine, prendermi la responsabilità di me stesso, di tutto ciò che evito, di tutto quello che, dentro di me, ha finito per polarizzarsi generando contrasto e opposizione a livello psichico. Diventare responsabili e consapevoli vuol dire anche scoprire che il rifiuto radicale di qualcosa contiene in sé tracce di paura e di desiderio. La consapevolezza mi aiuta a entrare nel processo per sciogliere le emozioni scomode, spiacevoli e negative, imparando ad accoglierle senza identificarmi con esse. L’origine di queste difficoltà è rintracciabile nei modelli genitoriali introiettati dalla persona durante l’età dello sviluppo. Una madre identificata con i doverismi, ad esempio, produce nel figlio qualcosa di molto simile. Come ascoltare i bisogni del mio bambino interno se mia madre non ha saputo contattare i propri?
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona