Abbiamo parlato dei modelli operativi interni come insieme di schemi cognitivi e affettivi profondi che il bambino, nei primi anni di vita, costruisce a partire dalle interazioni con le figure di cura. Il bambino introietta facilmente credenze, emozioni e ingiunzioni provenienti dai genitori. In senso lato il modello operativo interno di una persona è il risultato di messaggi – spesso impliciti e inconsapevoli – trasmessi dai genitori e fatti propri senza la possibilità di filtrarli adeguatamente. L’esempio genitoriale viene così incorporato nel futuro adulto e, soprattutto al termine dell’adolescenza, l’identità del soggetto è costituita e la sua personalità plasmata. Se il clima relazionale è stato caratterizzato, in età precoce, da un ambiente di povertà affettiva, l’attaccamento si potrà definire facilmente insicuro e sarà caratterizzato da alcuni aspetti precisi. La presenza nel soggetto insicuro di emozioni difficili come paura, rabbia e tristezza, si associa a una sensazione pervasiva di essere in credito verso la vita per tutto l’amore che non si è ricevuto da piccoli. Le vecchie ferite, insomma, continuano a bruciare e non si rimarginano nemmeno dopo anni. Ciò fa sì che si aprano possibili scenari drammatici. Tra gli esiti più frequenti di un attaccamento insicuro troviamo atteggiamenti ed emozioni poco funzionali quali: arroganza, pretese eccessive, aspettative irrealistiche, ideali astratti, paura di esprimere, rabbie improvvise, senso di possesso, ecc. Tali reazioni funestano l’equilibrio delle relazioni sentimentali adulte, a meno che la persona non accetti di intraprendere un percorso di crescita e di consapevolezza. Se prevale, nell’adulto, il bambino interno frustrato ed esigente, assisteremo a partner che pretendono attenzioni continue e vogliono sentirsi “importanti” a tempo pieno per l’altra/o. Porsi come bambini desiderosi di riscuotere il credito negato nell’infanzia significa condannarsi all’infelicità: non esiste infatti risarcimento possibile! Illudersi che ciò sia possibile vuol dire instaurare, come già vedemmo in un editoriale precedente, dinamiche malate come quella del triangolo vittima-salvatore-carnefice. Una via alternativa, che richiede impegno e pazienza ma dà i suoi frutti, è quella della consapevolezza, del prendersi la responsabilità di sé e della relazione, in quanto tutto è dentro di noi e non possiamo attenderci di ricevere, fuori tempo massimo, quel che non abbiamo avuto e che oggi, in qualche senso, dipende solo da noi e dalla nostra capacità di perdonare il passato. Purtroppo molta gente non vuole responsabilità e preferisce fidarsi solo del proprio ego, ritenendo un diritto che gli altri si pieghino ai propri interessi. Eppure, se vogliamo cambiare qualcosa fuori, soprattutto nel rapporto con la persona amata, dobbiamo prima modificare noi stessi!
dott. Roberto Costanti
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona