di Roberto Costantini
Si parla, in gergo tecnico, di un comportamento del salvatore quando da piccoli l’ambiente affettivo è stato poco caldo, attento e accogliente e il bambino, per ottenere un po’ di attenzioni, mette da parte se stesso e si concentra sul genitore debole per prendersi cura di lui. Questa inversione di attaccamento serve al piccolo per ottenere un riconoscimento altrimenti impossibile. Da adulti il copione non cambia: gli schemi relazionali affettivi sono interiorizzati e la persona continua a comportarsi nello stesso modo. Dà così la precedenza sempre ai bisogni altrui, rimanendo nelle retrovie e tacitando le proprie esigenze. Questa modalità relazionale consente di vivere una parziale stabilità, anche se affiora un crescente senso di frustrazione per la difficoltà a far emergere se stessi e i propri bisogni all’interno della relazione. Infatti la spontaneità viene controllata pensando che l’altro non sappia accettarla. Questo pensiero di rifiuto mantiene, di conseguenza, in vita l’insicurezza e irrigidisce la distribuzione dei ruoli tra i partner. Il percorso da intraprendere, lungo e non semplice, è allora quello di entrare sempre più dentro se stessi e accettarsi, riconoscersi e amarsi. Solo quando ci si ama “da dentro” si può amare l’altro e creare rapporti sani e appaganti.