L’essere umano sviluppa la sua autonomia relativa prendendo parzialmente le distanze dai contesti – affettivi, familiari e sociali – in cui è immerso fin dalla nascita. Non è mai un distacco totale, bensì un cammino di individuazione che ci impone di affrontare la solitudine e di incontrare davvero noi stessi per poi tornare, in modo meno infantile e più consapevole, a relazionarci con gli altri sperimentando un senso di appartenenza più maturo. In sintesi potremmo dire che se non ci riconosciamo interiormente è impossibile stare in un autentico riconoscimento interpersonale. Sono non pochi, purtroppo, gli individui che vivono una forte insicurezza e stentano a sviluppare una sufficiente autostima. In questi casi è facile che si cerchi, per compensazione, di appartenere a presunte (e inesistenti) identità culturali forti o a gruppi/sette che non tollerano il valore della differenza. Qui il desiderio del singolo è quello di annullarsi per ottenere un’inclusione che lo privi dell’angoscia esistenziale dell’isolamento. Dove il rispetto per se stessi non ha preso campo troviamo un vuoto spaventoso da colmare: ecco che il conformismo, la fusione e la confluenza indeboliscono il pensiero critico del soggetto e lo riducono a un numero tra i numeri. Siamo enormemente influenzabili, soprattutto quando non abbiamo imparato ad amarci e ci manca la capacità di abbracciare sensazioni e paure con il tocco rasserenante di una madre. In assenza di un contatto aperto con la nostra vita interiore, rischiamo di buttarci via, di aderire in modo irriflesso a tendenze epocali che ci sovrastano e ci spogliano della nostra responsabilità. L’interdipendenza sana è quella che, riconoscendo la natura ontologicamente relazionale dell’essere umano, non nega né il bisogno che abbiamo degli altri né la necessità di sviluppare un’autonomia personale. Tenendo insieme questi due poli dell’esperienza possiamo sfuggire tanto al pericolo di una dipendenza totale e simbiotica, quanto all’illusione di essere separati dalla realtà e di costituire dei soggetti “a se stanti”. In questi tempi segnati da grandi sfide ecologiche e sociali non possiamo trascurare l’importanza di creare nuove forme di autorealizzazione solidale e di farlo sperimentando il piacere del dialogo.
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona