Desideriamo innamorarci. Pensiamo che l’innamoramento sia il segnale che conferma che abbiamo davvero trovato la persona giusta per vivere felici e contenti. Vogliamo sentire le sensazioni intense, le farfalle allo stomaco, i colori brillanti: tutto bello, e tanto amore… Eppure, forse proprio per questa intensità massima, l’esperienza dell’innamoramento ci porta a perdere il contatto con la realtà, viviamo in uno stato “allucinatorio” e illusorio in cui è facile smarrire quasi completamente la capacità di discernimento.
Pensiamo di aver trovato la persona che ci renderà felici e crediamo, in questa fase travolgente, che tutta la gioia del mondo abbia assunto le sembianze precise di quell’essere umano che ci interessa. Viviamo così un’illusione temporanea, che ci accompagna per tutto il periodo in cui il pensiero trascende ancora una realtà che non siamo pronti a vedere nella sua interezza. Tutto questo fino alle prime delusioni, quando inevitabilmente la realtà immaginata si rivela molto distante da quella effettiva. Cominciamo allora a renderci conto che, mentre il legame si sviluppa, quella persona coincide sempre meno con la felicità agognata.
Il paradiso si allontana e, mentre la fase “allucinatoria” perde gradualmente potere, il sogno svanisce e la realtà assume una connotazione sempre più centrale e perentoria. Mano a mano che la storia procede ci si rende conto che il partner vive le nostre stesse difficoltà e ci rimanda, come in uno specchio, la sensazione che la felicità sia sempre altrove, di sicuro non in una persona esterna. Inizia quindi la cruda realtà e il tempo è maturo per riportare il locus of control dall’esterno all’interno. L’altro, con frequenza crescente, riflette i nostri limiti, ce li rende evidenti; le nostre aspettative sono spesso deluse.
Di questo non possiamo che dolerci, ma se continuiamo ad aspettarci qualcosa dall’altro e non accettiamo di attraversare consapevolmente la delusione, rischiamo di convincerci che il problema sia tutto nel partner e la storia si interrompe. In questo modo perdiamo l’occasione di fare i conti con noi stessi, blocchiamo sul nascere la possibilità di intraprendere un percorso di consapevolezza necessario, invece, per evolvere e per migliorarsi. Qui, tuttavia, è il cuore della questione.
L’altro ci riporta esattamente a noi stessi, ci costringe a prendere contatto con la nostra fragilità e con i limiti che ci appartengono. Di questo dovremmo essergli grati. Solo una messa in discussione di sé, che sia sincera e profonda, rende possibile l’amore adulto per l’altro, senza proiezioni e aspettative irrealistiche.