Se ci guardiamo intorno affiorano molte domande su come le persone distruggano la loro vita diventando schiave di innumerevoli padroni: fumo, alcool, cibo, internet, slot machine e molte altre droghe. Mi chiedo spesso su quale meccanismo profondo e su quali carenze facciano presa le principali dipendenze. Ma ancor prima, quando è corretto parlare di “dipendenza”? La risposta è chiara: quando diventiamo schiavi e non abbiamo più il potere di dire di no a una qualche sostanza o abitudine. Forse credi di avere in mano le briglie e di gestire la tua vita, ma spesso te la racconti. A livello sociale sono tanti i modi poco costruttivi per soddisfare il bisogno umano di appartenenza; una canna insieme, due righe di cocaina e si affoga nella sensazione che la solitudine possa essere dimenticata per qualche minuto. Allora mi vengono in mente le cose semplici di cinquanta/sessanta anni fa, quando ci si aiutava nei lavori dei campi per festeggiare poi tutti insieme a lavoro terminato. Mio zio mi deliziava coi racconti della sua gioventù, li ho ascoltati con attenzione e passione sentendo l’intensità di valori umani autentici centrati ancora sulla cooperazione e sulla solidarietà. Si era un po’ tutti nella stessa barca e non c’erano ancora grandi divisioni legate al “piccolo orticello” di ognuno. Quindi qualcosa di sostanziale è cambiato nel tempo, sono cresciuti esponenzialmente il senso di isolamento e il controllo, la socialità è frammentaria e talora distruttiva.
Il mondo si trasforma rapidamente e si registrano comunque gli influssi, nello spazio familiare, delle figure di accudimento. Se ad esempio un padre fuma un pacchetto di sigarette al giorno, hai due possibilità: o ti avvicini automaticamente al fumo o lo rifiuti con ribrezzo generando in te altre rigidità. Ci sono comunque delle fratture interne da risolvere e l’impegno per guarirle deve essere forte e pregnante nella propria esistenza. Solo un percorso di consapevolezza ti avvicina a te stesso, ti permette di ancorarti alle tue emozioni ma anche al tuo rimosso per farlo salire in superficie e integrarlo. Se diamo sempre più spazio al nostro essere profondo diventa reale la possibilità di armonizzare le componenti di cielo e di terra che ci costituiscono, è allora possibile vivere il “terreno” e andare al contempo verso l’alto. Il cammino di guarigione, di cura delle proprie ferite, assume quindi una direzione ben precisa: quella di un’evoluzione umana capace di liberarci dalle dipendenze vecchie e nuove, e di neutralizzare il potere insidioso di ciò che ci ruba a noi stessi.
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona