Non si dà crescita di alcun tipo senza una presa di responsabilità sulla propria vita e sulle dinamiche (psicologiche e relazionali) che ci imprigionano nel ruolo di vittime. In fondo, e in un certo senso, siamo tutti un po’ vittime. Nessuno di noi, da bambini, ha trovato nel suo ambiente familiare tutto quello di cui aveva bisogno per essere “felice”. Purtroppo accade sovente che l’atmosfera in casa sia fredda, si respirino tensioni tra i genitori e il bambino patisca carenze affettive di qualche tipo. Sono i problemi concreti di ogni giorno, ma anche le storie di vita dei singoli genitori, che si riflettono sul clima emotivo della famiglia compromettendo l’equilibrio della personalità in via di sviluppo del bambino. Quest’ultimo non può fare altro che cercare un adattamento creativo, per quanto precario, alle condizioni date.
Eppure le ferite provocate dai rifiuti, dagli abbandoni, dalle umiliazioni e dalle mancate sintonizzazioni affettive, stabilizzano nella persona la sensazione intima di essere vittima di un destino crudele. Se non si tagliano i ponti, una volta per tutte, con questo atteggiamento vittimistico, continueremo ad attendere da grandi che la vita ci restituisca quello che ci ha tolto da piccoli. In attesa di un risarcimento impossibile, la nostra crescita rallenta e fuggiamo dalle responsabilità quotidiane. La vittima rimane immersa, di conseguenza, in uno stato sospeso di sofferenza, insicurezza e disagio. Per spezzare il circolo vizioso diventa dunque imprescindibile muoverci, smettere di vivere come bambini colpiti da cattiverie intollerabili e attivare la dimensione adulta. L’adulto processa continuamente i dati di realtà, sia interni che esterni, provenienti dall’ambiente e dal mondo delle sensazioni, delle emozioni e dei bisogni profondi. L’adulto sa riconoscere se ha la forza sufficiente per essere autonomo o se necessita dell’aiuto esperto di una guida. Anche quello di farsi aiutare è un passo importante, un movimento respons-abile che, appunto, risponde agli eventi della vita mettendo in moto reazioni sensate e coordinate.
Comunque sia, nessuno può sostituirsi a noi, né mettersi al nostro posto. Dobbiamo agire in prima persona e, se può essere utile, farci accompagnare in un percorso di consapevolezza capace di trascendere un po’ alla volta i limiti che ci costringono a gravitare attorno a emozioni negative, a paure paralizzanti, a blocchi energetici che impoveriscono il piacere di vivere. Questi percorsi possono essere più o meno profondi, ma hanno tutti una caratteristica in comune: ci “costringono” a prendere in mano la nostra vita, senza incolpare gli altri per le nostre umane fragilità, e ci spingono a uscire dal vittimismo e dai suoi meccanismi disfunzionali e persecutori.