IL COMPITO PIU’ DIFFICILE

0

Il bambino ha bisogno di sentirsi amato, di ricevere presenza e accoglienza, e di sperimentare esperienze positive con le figure di cura. Purtroppo, per motivi diversi, l’ambiente spesso non riesce a soddisfare queste esigenze. Possono essere circostanze crudeli, come la malattia o la morte prematura di un genitore, o l’incapacità acquisita degli adulti, cresciuti a loro volta in contesti deprivanti, ad alimentare un vuoto affettivo che danneggia lo sviluppo del soggetto. Dove c’è un basso livello di consapevolezza rispetto ai propri attaccamenti, è facile che il legame tra genitore e figli replichi vecchi copioni ereditati. In questi casi, nello scambio profondo di messaggi che attraversa la relazione tra i genitori e il bambino, passerà molto altro rispetto a ciò che, sul piano affettivo, sarebbe invece necessario. Il piccolo finisce così per ricevere distanza, ansia, rifiuto, freddezza ecc. e questi, per lui, diventano attaccamenti che interiorizza e su cui farà affidamento per organizzare le future esperienze di vita. Tutto questo rimane dentro di lui e, da grande, il soggetto tenderà facilmente a trattare se stesso come è stato trattato dai suoi genitori. I genitori diventano quindi “interni” e influenzano, come modelli introiettati di comportamento, la qualità delle relazioni umane che la persona stabilirà da adulta. L’ansia subita produrrà ansia nei rapporti con gli altri, il giudizio susciterà critiche, il rifiuto genererà rifiuto. Anche se la vita attuale offrisse una realtà più positiva, le aspettative e le sofferenze coltivate in tanti anni impedirebbero al soggetto di abbandonarsi al flusso dell’esistenza. I vecchi schemi, del resto, compromettono l’adattamento creativo al presente. Il lavoro necessario, allora, è quello di avviare un percorso di consapevolezza e un confronto sincero con la propria storia infantile per risperimentare ciò che non è stato sufficiente, portare alla coscienza contenuti emotivi bloccati o nascosti, sganciare gli attaccamenti che producono ancora stati intensi di disagio. Un attento lavoro di ridefinizione dei legami interni, con progressivo distacco dagli attaccamenti più invischianti, consente di costruire dentro di noi un femminile e un maschile diversi, più sani e flessibili. Questo è il compito più difficile, ma ineludibile: costruire in noi stessi una madre presente e amorevole e un padre interiore forte e costruttivo.

dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling  Sede di Ancona

Share.

Comments are closed.

X
X