Quando ho deciso di promuovere il counseling ho visto la grande potenzialità che questa pratica poteva avere come fenomeno sociale. Al di là delle importanti abilità trasversali di cui esso si fa portatore, il counseling mi è subito apparso prezioso perché offre una risposta concreta alle persone che desiderano mettersi in discussione e vogliono migliorarsi. L’individuo diventa più attento alla propria interiorità, smette di scaricare le colpe e di attribuire ad altri le responsabilità delle sue sofferenze.
Si rende così sempre più conto che fare la vittima rappresenta solo una perdita di tempo. Nonostante le ingiustizie che possiamo aver subito, fissarci in una posizione vittimistica è un atteggiamento controproducente che non ci porta da nessuna parte. Il soggetto che ha deciso di intraprendere una crescita personale inizia quindi una presa di responsabilità che lo costringe a riconoscere il suo essere sociale e le reazioni abituali che mette in atto nelle relazioni interpersonali. Il counseling offre numerosi momenti di confronto e di interazione nel gruppo, facilitando nel singolo una graduale apertura che gli consente di “ricevere” e di uscire dai suoi meccanismi difensivi.
In tale senso il counseling rappresenta un’occasione imperdibile per vivere, nello spazio protetto dei momenti formativi ed esperienziali, uno sviluppo consapevole delle proprie capacità umane. Puntando sul processo e non su episodi formativi isolati, il counseling permette agli individui di crescere insieme agli altri, in un riconoscimento reciproco, facendo del gruppo un potente agente trasformativo. Occorre tuttavia essere ricettivi e disporsi a lasciar entrare stimoli, contenuti ed emozioni, evitando che la chiusura prenda il sopravvento. Là dove questo accade è consigliato un percorso psicoterapeutico. Allora possiamo sciogliere le paure più radicate e aprirci alla profondità del processo, cosa altrimenti impossibile.
Il counseling infine, come pratica esistenziale che non avanza pretese terapeutiche ma offre spunti importanti di consapevolezza, è anche un invito a diventare agenti responsabili del cambiamento sociale. Migliorando noi stessi possiamo trasmettere a chi ci sta intorno maggior ottimismo ed entusiasmo, contribuendo al progresso sociale, alla costruzione di reti solidali e alla diffusione di una comunicazione nonviolenta. In questo senso essere counselor significa assumersi la responsabilità di un gesto, di un sorriso e di una presenza consapevole nel mondo che attenui i conflitti e rilanci il piacere di vivere, di creare, di coltivare relazioni umane positive.
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona