Uno dei seminari, peraltro molto interessante, che feci ai tempi dell’Università riguardava l’attivazione della motivazione dei bisogni umani attraverso il messaggio pubblicitario. Bisogni sessuali, di socialità, di esplorazione, di amore, di protezione possono essere stimolati da messaggi pubblicitari ben calibrati.
Una merce, più o meno utile di per sé, acquisisce fascino e significato nel momento in cui viene agganciata la carica motivazionale di qualche bisogno umano specifico. Ecco allora che un amaro, di cui nessuno conosce virtù o tossicità intrinseche, può attivare in tutti noi il bisogno sociale e di esplorazione evocando scenari naturali mozzafiato e un’allegra compagnia di amici uniti nell’avventura. Le aziende spingono in alto le loro vendite facendo un uso continuo e “sapiente” di questo potere implicito delle immagini. Non siamo a livello dei messaggi subliminali, per fortuna ancora vietati nel campo della pubblicità, eppure possiamo considerare queste tecniche audiovisive come condizionanti e capaci di ingannare lo spettatore.
Siamo ingannati quando, rilassati e con le difese abbassate davanti a un televisore, facciamo entrare dentro di noi tutti i codici necessari al funzionamento del consumo di massa. Siamo così portati ad allontanarci da noi stessi e indotti a coltivare falsi bisogni che comportano il possesso (mai veramente appagante) di prodotti e merci che veicolano un’idea superficiale di felicità. Questi ci fanno credere che possiamo essere felici se acquistiamo l’ultima e più moderna tecnologia di intrattenimento o qualsiasi altro oggetto sia richiesto, nell’immaginario collettivo, per non rimanere indietro, per non essere esclusi dal gruppo umano di appartenenza. Questa corsa all’appropriazione continua ci ruba il tempo, bene prezioso e risorsa scarsa in un’epoca dominata dalle distrazioni, dalla fretta, dall’ambizione ad avere sempre di più.
Dovremmo fermare questa deriva e imparare a riconoscere quel limite al di là del quale la tecnologia e gli svaghi diventano fine a se stessi e ci distanziano dalla radice della nostra personalità, dal contatto con il nostro essere profondo. Essere realmente se stessi è un pericolo per il sistema, che non ci guadagna se noi rimaniamo in contatto con le nostre risorse autentiche, perché diventiamo meno manipolabili e più attenti ai bisogni concreti. Nel cammino per liberarci dall’inganno e da questo controllo sociale seducente e paralizzante, è indispensabile prendere consapevolezza dell’impermanenza totale della “felicità” promossa dal consumismo: non dura che un istante. Se invece la felicità è quella dell’Essere possiamo abbandonare i lidi scintillanti e vuoti dell’apparenza per approdare su un terreno più sicuro e appagante, quello delle relazioni umane importanti, dell’amore, della creatività. Donare e donarsi con Amore diventa ciò che siamo e ciò che può riempire il mondo di gioia e bellezza. Perché la Vita non ha prezzo e non è mai riducibile alla logica dello scambio economico.
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona