di Roberto Costantini
La rabbia diventa un funzionamento sano se mi trovo in una situazione nella quale vengo aggredito e devo difendermi. La rabbia, in un caso siffatto, è un’energia intensa sprigionata grazie a processi chimici e ormonali che mi predispongono ad affrontare l’aggressore. Fortunatamente possono non essere molte le condizioni di pericolo che giustificano una reazione rabbiosa. Allora può essere utile esaminare la rabbia e perlustrare i suoi disfunzionamenti. Uno eclatante lo troviamo nella rabbia automatica del collerico, una risposta immediata e sconnessa dal razionale che si trasforma in esplosività senza controllo. Bastano motivi futili e si scatena il pandemonio. Oppure un altro funzionamento alterato lo rintracciamo in quelle persone che riescono a dare il meglio di loro solo quando subiscono e la frustrazione le obbliga a tirare fuori la rabbia come spinta propulsiva per mettersi in gioco. Molti altri sono gli esempi che si potrebbero fare, ma tutti hanno in comune una cosa: l’impossibilità di negoziare dei margini per avere una libertà di risposta. Altrettanto privo di libertà è chi, al contrario, inibisce radicalmente la rabbia senza accoglierla nel proprio cerchio di attenzione interna. La rabbia è un’emozione forte, spesso disfunzionale, ma con un suo significato evolutivo e sociale. Più che neutralizzarla o giustificarla si tratta di sentirla e trasformarla in una forza creativa.