L’ego è una struttura mentale che ci allontana dal vero Essere. Come risposta automatica alle vicende della vita, esso coincide con l’autoriferimento compulsivo, con la ricerca costante del proprio tornaconto in ogni situazione. Prestar fede all’ego significa allontanarsi da se stessi proprio quando ci illudiamo di fare il nostro bene. La centratura ossessiva sull’io-mio (come viene chiamato nella spiritualità buddhista questo nodo di identificazioni e brame senza fine) ci inchioda alla frustrazione, perché l’appagamento che cerchiamo non può mai essere completo e duraturo. L’ego ci condanna alla mancanza e a una rincorsa continua verso l’esterno, facendo credere alla persona che i successi e gli averi siano il modo giusto per ottenere la felicità. L’ego manipola e allontana dall’anima e dal cuore moltiplicando aspettative, pretese e dualismi.
Ciò che più lo caratterizza è il desiderio di sopravvivere (spesso a spese degli altri) e di garantirsi margini continui di espansione. Inconsapevolezza e reattività lo ancorano a quello che non funziona, alimentando astio e rivendicazioni. La mente viene così attratta dagli sgarbi subiti, dalle ingiustizie patite, dalle promesse tradite. All’interno dell’ego non troviamo soluzioni, piuttosto incontriamo una insaziabile tendenza a volere di più per sé, a non raggiungere mai una soddisfazione piena, a crogiolarsi nell’infelicità. La vera felicità, invece, è quella dell’Essere, quando ci collochiamo nello spazio sacro del cuore e ci apriamo alla gioia di donare. Allora l’impegno deve essere quello di non farci condizionare dall’ego, che ci precipita puntualmente in uno stato d’animo di chiusura, sofferenza e attesa nevrotica. L’ego, come un bambino capriccioso, esige attenzione esclusiva, reclama nutrimento ma non si sazia, è un accentratore per definizione. La tranquillità dell’anima e l’apertura del cuore vanno dunque coltivate prendendo nettamente le distanze dalla centratura egoica, purché questo movimento di graduale liberazione venga fatto… senza negare l’ego stesso! L’avversione, infatti, è uno degli attaccamenti più tenaci e controproducenti.
dott. Roberto Costantini
Presidente dell’ASPIC Scuola Superiore Europea di Counseling Sede di Ancona