C di CONSAPEVOLEZZA

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La parola “consapevolezza” è ricca di sfumature e definisce un’esperienza complessa e centrale nel campo delle relazioni di aiuto, dei processi di apprendimento e, in generale, della crescita interiore delle persone. Essere consapevoli non significa solo “capire” qualcosa, renderlo padroneggiabile sul versante logico-discorsivo. Non basta essere coscienti per diventare consapevoli. La consapevolezza, infatti, include aspetti concettuali ma va ben oltre alle griglie di comprensione strettamente razionali. Chi è consapevole di sé sa porre attenzione ai suoi pensieri senza dimenticare sensazioni ed emozioni.

Nel buddhismo si usa la parola sati per denominare un’attenzione consapevole che ci consente, in ogni istante, di “sapere dove ci troviamo”. La consapevolezza, lungi dal coincidere col semplice atto cosciente della veglia, implica un lavoro interiore importante. Non si nasce consapevoli e non lo si diventa spontaneamente. Questo perché un insieme di fattori sociali, familiari e personali rende molto più naturale attraversare distrattamente la propria vita, rimanendo distanti dalla qualità spaziosa, calda e non giudicante della vera consapevolezza. La mente, di suo, tende sovente a disperdersi e a lasciar proliferare pensieri ripetitivi e inconcludenti. Non per questo dobbiamo considerarla una nemica: più utile sarà distinguere la mente chiusa, giudicante, identificata con paure e passioni, e la mente luminosa, aperta e consapevole.

Il lavoro che viene richiesto per purificare la mente è quello, tutt’altro che facile, di apprendere un nuovo modo di prestare attenzione ai fenomeni (interni ed esterni) che punteggiano ogni attimo della nostra esistenza. In molte tradizioni sapienziali l’attenzione al respiro rappresenta il primo passo, indispensabile per allargare il nostro raggio di consapevolezza e ridurre le reazioni automatiche di attaccamento e avversione. Il respiro ha in sé una qualità eccezionale: è un processo che attraversa le polarità dell’inspirazione e dell’espirazione, rendendo impossibile la pretesa di fermarne il flusso arrestandolo su uno solo dei poli. L’attenzione al respiro ha questa particolarità: è avvolgente, delicata, paziente. Diventare consapevoli del proprio respiro significa anche accorgersi, senza autocritica, della naturale tendenza della mente a smarrirsi, a farsi invadere da pensieri emozionalmente invischianti. Riconoscere cosa accade in noi, dargli un nome (ad esempio “tristezza”, “rimpianto”, “sfiducia”) e riportare pazientemente l’attenzione al respiro è un esercizio che richiede tempo e determinazione. La consapevolezza, in altre parole, costa fatica e può fiorire solo là dove l’impegno, la responsabilità e la fede in una vita più libera si tengono per mano.

La consapevolezza può ampliarsi includendo perfino gli aspetti inconsci della vita umana, dunque portando all’interno del cerchio della comprensione autentica quelle forme affettive e immaginative che utilizzano il linguaggio figurativo per esprimersi. Anche nel confronto con l’inconscio rimane della massima importanza la postura accogliente e non giudicante che la persona è chiamata ad assumere se vuole entrare in un contatto positivo con le immagini che scaturiscono dal profondo.

Infine l’etimologia stessa del termine “consapevolezza” suggerisce un’ultima prospettiva importante, ovvero la natura condivisa, transpersonale del diventare consapevoli.

Possiamo dunque offrire, in  conclusione, una definizione provvisoria di questa parola chiave: “La consapevolezza è una condizione dinamica di presenza a se stessi e al mondo. Essere consapevoli significa percepire, sentire e riconoscere le caratteristiche di un dato evento, interno e/o esterno. L’integrazione tra aspetti consci e inconsci dell’esperienza è indispensabile per raggiungere una consapevolezza ampliata. Consapevole, secondo l’etimologia del termine, è chi insieme con altri ha piena cognizione di qualcosa. La consapevolezza, dunque, non va pensata come un atto privato, bensì come un processo e un incontro che può coinvolgere diversi soggetti migliorando la comune conoscenza della realtà”.

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