Una delle parole più inflazionate nel linguaggio comune è certamente la parola “stress”. Questo termine proviene dall’ingegneria dei materiali e definisce la modificazione subita da una struttura dopo l’impatto con una forza agente esterna.
Dobbiamo invece allo psicologo Hans Selye, e alle sue ricerche pionieristiche, lo studio approfondito dello stress nella vita umana. Egli comprese che lo stress è una sindrome generale di adattamento, ovvero una risposta complessa ma standardizzata che l’organismo attiva per fronteggiare le difficoltà e le sfide di tutti i giorni.
Tuttavia la questione centrale va colta ad un altro livello. Ciò che bisogna veramente comprendere è in che modo la realtà esterna possa invadere quella interna. Infatti, nelle situazioni di stress, lo stimolo esterno irrompe prepotentemente andando a “ferire” lo spazio privato del soggetto. In altre parole, manca un confine efficace. Il confine va allora riposizionato per difendere lo spazio privato del Sé dove regnano calma e serenità. In questo luogo protetto, potremmo dire, non entrano niente e nessuno che io non voglia. Gli eventi, per quanto stressanti, non possono più guastare lo spazio di benessere che la persona si costruisce nel suo percorso di consapevolezza sganciandosi dai finti bisogni e dalla dipendenza.
E’ utile ricordare, in conclusione, che il giusto confine non può essere uguale per tutti. Ognuno di noi percepisce diversamente la realtà e attraverso il suo filtro può dare più o meno importanza a determinati segnali esterni e interni.
L’antidoto allo stress, in altre parole, va sempre personalizzato tenendo conto della storia individuale. Non esistono ricette uguali per tutti, ma di certo esiste la necessità di ripensare le nostre condizioni di vita in una società dominata dalla fretta e dalla concorrenza di tutti contro tutti.